info@maceratasub.it

Segreteria
Tel. e Fax 0733 292936

Giuseppe 339 7801450
Fabio       339 4538228

Seguici su


BIOLOGIA MARINA

Alghe tossiche nei mari italiani: aspetti sanitari



Circa trecento persone tra veterinari, biologi, dipendenti ARPA, dipendenti ASL e oltre un centinaio di studenti, hanno partecipato alla giornata di studio "ALGHE TOSSICHE NEI MARI ITALIANI: ASPETTI SANITARI" organizzata dalla Facoltà di Medicina Veterinaria , Corso di Laurea in Scienze della Maricoltura, Acquacoltura e Igiene dei prodotti ittici dell’ Università degli studi di Bari, dall’ Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi (A.B.P.A.) e dall’ Ordine Nazionale dei Biologi di Bari e che si è svolta a Valenzano (Bari) , presso l’aula magna della Facoltà di Medicina Veterinaria , in data 15 settembre 2005.


Hanno aperto i lavori della giornata il Prof. Giuseppe Crescenzo, presidente del Corso di Laurea in Scienze della Maricoltura, Acquacoltura e Igiene dei prodotti ittici dell’ Università degli studi di Bari, dell’ Università degli studi di Bari, la Dott.ssa Elvia Tarsitano, presidente dell’ Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi (A.B.P.A.) e la Dott.ssa Marina Campanile rappresentante dell’Ordine dei Biologi a cui sono seguiti brevi interventi da parte delle autorità locali. I lavori sono stati moderati dal Prof. Gian Piero Felicini e dalla Dott.ssa Antonella Bottalico della Facoltà di Scienze MM.FF.NN. dell’ Università degli studi di Bari, cattedra di biologia delle alghe.


Motivo conduttore della giornata sono state le tematiche relative alla presenza di alghe tossiche nei mari italiani e le relative implicazioni sanitarie. Considerato che è ormai noto da tempo che alcune specie di microalghe , sia fitoplanctoniche che bentoniche, sono produttrici di biotossine. Le microalghe tossiche appartengono soprattutto al genere delle Dinoflagellate e includono poco più di una ventina di specie.


Nel 1989 ai Alto Adriatico è stata segnalata la presenza di Dinoflagellate del genere Dinophysis che hanno provocato i primi casi di DSP (Diarrhetic Shellfish Poisoning). Questa biointossicazione, già ampiamente diffusa in altre parti del mondo, è caratterizzata da vomito, dolori addominali e diarrea. Essa viene trasmessa all’uomo attraverso consumo di molluschi bivalvi, in particolari mitili, che filtrando le microalghe tossiche eventualmente presenti nell’ acqua accumulano anche le loro biotossine.


Per quanto riguarda il basso Adriatico, in particolare per le coste pugliesi, a partire dal 2001, è stata registrata la presenza di Dinoflagellati del genere Ostreopsys, lo stesso genere di alga quest’estate è stata causa di ricoveri nel Mar Ligure. Queste microalghe hanno invaso il litorale nord e sud di Bari e un’abbondante fioritura si è verificata nel 2002 nel porto di Otranto. In questo caso si trattava di microalghe bentoniche che hanno ricoperto i fondali con una fitta coltre di colore giallo-ocra. La popolazione locale ha lamentato manifestazioni cutanee irritative e pruriginose , in qualche caso accompagnate da febbre alta, mentre i pescatori hanno osservato estese morie di polpi e pesci. In effetti una specie dello stesso genere Ostreopsys siamensis, è responsabile di una intossicazione nota con il nomadi ciguatera. I sintomi tipici sono vertigini, prurito, sensazioni di caldo e freddo con frequente comparsa di esantemi sulla pelle.


Questi fenomeni di tossicità sono sempre più frequenti nei mari italiani e sono diffusi anche in altri paesi del bacino mediterraneo. Per questo motivo nel 1991 la Comunità Europea ha emanato le direttive 492 e 493 relative alla produzione e commercializzazione d molluschi bivalvi e altri prodotti ittici. Il governo italiano ha recepito le due direttive emanando nell’anno successivo i decreti legislativi 530 e 531; in tali decreti sono previsti monitoraggi continui e sistematici di acqua e molluschi bivalvi nelle aree destinate alla molluschicoltura.
E’ auspicabile che tali controlli siano effettuati costantemente in modo da assicurare un monitoraggio continuo e puntuale dello stato di salute delle nostre acqua. Gli organizzatori della giornata stanno da tempo investendo tutto il loro patrimonio scientifico culturale e professionale in questo settore e in quello della maricoltura e acquacoltura, intendendo fornire un’essenziale contributo.
In pratica, tanto ancora c’è da fare che si spera, che questa giornata di studio, abbia dato inizio ad una serie di eventi che consentano agli studiosi del settore di confrontarsi per stimolare la ricerca e la conoscenza in questo campo.



SCHEDA TECNICA DI OSTREOPSYS

Appartenente alla famiglia delle Dinoficee, l’Ostreopsys è il genere di una microalga di origine tropicale. Ama le temperature elevate e la luce: per questa ragione si sviluppa soprattutto sotto costa nei primi metri d’acqua dalla riva. Vive sul fondo (è un’alga bentonica, che fa parte cioè del benthos, il complesso di organismi che vivono stabilmente sul fondale), e si struttura al di sopra di altre alghe: si chiama perciò epifita. Si nutre di sali di azoto e fosforo e l’eccessiva concentrazione di questi elementi (per lo più legata agli scarichi delle acque di fogna mal depurati), è una condizione necessaria per la “fioritura” (diffusione della specie).


La "fioritura" provoca la diffusione di milioni di cellule per litro di acqua e avviene solo per la contemporanea presenza di più fattori tra cui l’abbondanza di nutrimento, l’alta pressione atmosferica, condizioni di mare calmo e luminosità prolungata.


Il genere Ostreopsys si compone di varie specie: siamensis, heptagona, lenticularis, mascarenensis. Tutte producono tossine responsabili principalmente del ciguatera, una neurointossicazione che può causare moria di pesci e invertebrati e indurre uno stato morboso acuto nell’uomo caratterizzato da vertigini, febbre alta, dilatazione delle pupille, tosse, irritazione delle vie respiratorie e dissenteria se si ingeriscono organismi a loro volta intossicati sia cotti che crudi visto che le tossine per la loro natura termostabile non vengono distrutte dalla cottura del cibo.
La presenza di microalghe tossiche nel Mediterraneo è accertata da tempo, in Italia almeno dal 1989, da quando il fenomeno ha iniziato ad interessare i mari dell’Alto Adriatico dove è regolarmente monitorato dalle Arpa (Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente) come disposto dal DL 530/92.

<<-- INDIETRO